Con l’ordinanza n. 10822/2025, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di controllo dei lavoratori e utilizzo delle videoriprese sul luogo di lavoro: le immagini ottenute senza un “fondato sospetto” e senza una corretta informazione ai dipendenti non sono utilizzabili per giustificare un licenziamento.
Controlli difensivi? Sì, ma solo con garanzie
Nel caso analizzato dalla Corte, una nota azienda del settore moda aveva licenziato una dipendente con l’accusa di essersi appropriata indebitamente di alcuni prodotti. A supporto del licenziamento, l’azienda aveva prodotto delle videoriprese effettuate all’interno dello showroom. Tuttavia, sia il Tribunale, sia la Corte d’Appello di Milano, avevano dichiarato il licenziamento illegittimo, ordinando la reintegra della lavoratrice e la condanna dell’azienda al risarcimento del danno.
La Cassazione ha confermato questa decisione: le riprese non erano utilizzabili perché non rispettavano i requisiti di legge, in particolare:
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Non era stato fornito un fondato sospetto circa la commissione di un illecito;
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I lavoratori non erano stati adeguatamente informati circa l’uso degli impianti audiovisivi;
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Le modalità di controllo non rispettavano la normativa sulla privacy (D.lgs. 196/2003).
Il sospetto non basta: serve essere fondati
Secondo la Suprema Corte, per poter effettuare controlli “difensivi” tramite strumenti tecnologici, non basta un’intuizione o il semplice sospetto di un collega. Serve un sospetto concreto e documentabile di comportamenti illeciti da parte del dipendente.
Nel caso di specie, il sospetto era nato solo da una “curiosità” di un altro lavoratore, che, notando la collega presente più volte nello showroom, aveva deciso autonomamente di ispezionare i suoi effetti personali. Una condotta, questa, che secondo i giudici ha violato la dignità e la privacy della lavoratrice, andando ben oltre i limiti consentiti dalla legge.
L’onere della prova resta in capo al datore
La Corte ricorda anche un altro principio cardine del diritto del lavoro: è il datore di lavoro che deve dimostrare, in modo chiaro e completo, la giusta causa del licenziamento (art. 5, Legge 604/1966). In mancanza di prove legittimamente acquisite, la sanzione espulsiva non può reggere.
Le riprese generiche non bastano
Anche se le videoriprese erano rivolte indistintamente al personale e installate per la tutela del patrimonio aziendale, l’azienda non aveva informato correttamente i lavoratori sulle modalità e finalità dei controlli, come invece richiesto dalla normativa vigente. Di conseguenza, tutto il materiale video è stato dichiarato inutilizzabile.
Conclusione
La sentenza ci ricorda che, anche in presenza di strumenti tecnologici sempre più invasivi, le garanzie a tutela dei lavoratori non possono essere eluse. Ogni controllo deve essere:
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Giustificato da un fondato sospetto;
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Proporzionato e mirato;
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Conforme alla normativa sulla privacy e sul lavoro;
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Accompagnato da un’adeguata informazione ai dipendenti.
In assenza di questi requisiti, le prove raccolte sono inutilizzabili e il licenziamento rischia di essere annullato, con conseguente obbligo di reintegra e risarcimento.