Quando si tratta di graffi intenzionali su un portone condominiale, non si parla di reato di danneggiamento, ma di deturpamento e imbrattamento su cose immobili. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 36753/2024, che ha chiarito come la differenza tra i due reati dipenda dall’impatto sulla funzionalità dell’oggetto danneggiato.
Perché si configuri il reato di danneggiamento, infatti, è necessario che la funzionalità essenziale del bene venga compromessa o che l’attività di ripristino sia particolarmente onerosa. Nel caso in esame, invece, i graffi sul portone richiedevano solo un intervento di falegnameria per ripristinare l’estetica del bene, senza però compromettere il suo utilizzo da parte dei condomini. Di conseguenza, il reato è stato riqualificato come deturpamento, meno grave rispetto al danneggiamento.
L’imputato, che in primo grado era stato condannato per danneggiamento, ha presentato ricorso chiedendo una riqualificazione della sua condotta ai sensi dell’articolo 639 del Codice penale, che disciplina il reato di deturpamento. La Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, precisando che il fatto non costituisce danneggiamento, ma deturpamento.
Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte ha stabilito che, essendo stato commesso su un bene immobile (il portone del condominio), il reato è procedibile d’ufficio e non su querela di parte. Pertanto, la causa è stata rinviata per ulteriori valutazioni.
Questa sentenza sottolinea l’importanza di distinguere tra reati simili ma con conseguenze giuridiche diverse, come il danneggiamento e il deturpamento, soprattutto in contesti condominiali. Un dettaglio tecnico che può fare la differenza in sede di giudizio.